Le motivazioni.
Perché alpinismo solitario?
Le motivazioni possono essere le più disparate,
ma mi piace ricordare innanzitutto il grande senso
di libertà e il contatto intenso con la natura,
sentendosi un tutt'uno con essa.
In compagnia si va invece in montagna per condividerne le
emozioni, per senso di fratellanza o di appartenenza
(si pensi al legame di cordata). Si inizia ad andare da soli magari
perchè non si trova un compagno o perchè si vuole
decidere in tutta libertà e completa autonomia dove andare
e cosa fare: da soli infatti si può programmare
la gita che si vuole, durante la salita tenere il ritmo
che si vuole, fermarsi delle ore per aspettare la
luce migliore per una fotografia, restare con i
propri pensieri o semplicemente immergersi completamente
nel silenzio della natura. Fatta l'esperienza a
mio parere, almeno ogni tanto, non se ne può più fare a meno. Occorre
però l'abitudine mentale a stare da soli e un sano equilibrio
psicofisico: solamente così si potrà godere appieno
di una escursione, magari di più giorni senza vedere
anima viva, senza alcun timore. Sarà anche
una esperienza di vita impagabile.
Poi,
superati i 50, in montagna mi trovo perfettamente nella
citazione di Albert Einstein: "Vivo in quella
solitudine che è dolorosa in gioventù, ma deliziosa
negli anni della maturità".
Le attenzioni.
Valgono in fondo le stesse
raccomandazioni che per le uscite in compagnia. Partire
con il tempo stabile o comunque con una situazione
meteo di
cui si conosce nel dettaglio l'evoluzione (consiglio
i bollettini meteo sui siti dell'ARPA
Piemonte, dell'ARPA Lombardia e di Meteo Swiss;
i medesimi siti sulle App inegrate per opportuno confronto
con Meteo Blue e Windy): infatti se si possono fare gite stupende
in bassa quota e nei boschi anche con tempo perturbato
portando a casa fotografie molto belle, in alta montagna
non si scherza, soprattutto quando si è da soli
e magari si deve bivaccare in quota. Bisogna camminare con
attenzione (la concentrazione deve essere sempre
viva ma naturale), in quanto già una
breve scivolata in un luogo isolato potrebbe
rivelarsi problematica. Indispensabile lasciare sempre detto dove
si va e portarsi dietro il cellulare (anche se
spesso non ha campo e per i puristi
potrebbe sembrare un oltraggio al vero alpinismo
solitario); il GPS (ho un ottimo Garmin etrex 35
con cartine precaricate openMTBmaps)
lo porto sempre per sicurezza, ma sta quasi sempre nello
zaino,
perchè un minimo di spirito di avventura e senso dell'orientamente
si deve mantenere, e per questo basta una cartina
al 25.000 (in caso di nebbia o altre situazioni impreviste
però il Garmin diventa indispensabile e poi è in grado sempre di
darti la posizione esatta e la quota precisa; alla fine
della gita dislivello e km percorsi). Lo zaino sia leggero ma non troppo (certe
cose anche se non si usano mai non sono affatto
superflue!), si parta presto ("ci si pente
sempre di essere partiti troppo tardi, mai di essere
partiti troppo presto" diceva Rebuffat; io
raramente sono operatvo dopo le 5.30-6.00 in estate
e dopo le 8.00 in inverno) per
avere buoni margini nella giornata, si scelgano
gite consone alla propria esperienza, capacità ed
allenamento (le mie gite non superano mai la
difficoltà PD ma con dislivelli giornalieri che
arrivano anche a sfiorare i 2000 m). Per le gite più impegnative può
essere utile portarsi un imbrago leggero e una corda
da 7 mm per trarsi d'impaccio da ogni circostanza,
il casco va sempre indossato sulle ferrate o dove
ci sia rischio di caduta sassi o ghiaccio dall'alto (per altre
cordate o per presenza di sfasciumi): al riguardo
si faccia attenzione a percorrere salite su sfasciumi
o rocce rotte
dopo temporali o nelle ore più calde della giornata.
Un discorso a parte va fatto
per i ghiacciai. Essi rappresentano la vera, unica,
limitazione dell'alpinismo solitario. Infatti
sui ghiacciai crepacciati semplicemente è bene non
andare mai da soli. Al riguardo non c'é esperienza
che tenga (si pensi a fior di alpinisti come Lachenal, Casarotto
o Lafaille morti per caduta in banali crepacci).
Le regole che mi sono dato al riguardo per le mie
gite solitarie sono: prediligere le salite in cresta
a quelle glaciali sui versanti (per esempio P. San Matteo, Zuffallspitze,
Weissmies), salite su pendii con ghiacciai solo
quando questi sono notoriamente non crepacciati (per
esempio M.Leone,
M.Gelé), per quelli poco crepacciati scegliere periodi
come giugno con buona copertura nevosa (per esempio
P. Maria) e
percorrerli unicamente nelle ore più fredde (entro
le ore 10 al massimo per la discesa) meglio se con una
buona pista già tracciata (per esempio Dome de Neige des Ecrins).
Negli altri casi semplicemente non vado da solo
oppure cerco di aggregarmi sul posto a qualche cordata
presente in rifugio. Se mi trovo nelle necessità
di attraversare un ghiacciaio non programmato preferisco
usare il bastoncino, a cui ho tolto la rondella
alla base, per sondare la neve piuttosto che la
piccozza. In alternativa ci vado in scialpinismo.
Per le mie gite scialpinistiche il discorso
é completamente diverso: in questo caso scelgo itinerari classici
normalmente frequentati, condizioni assolutamente
sicure del manto nevoso, e scendo in condizioni
di sciata molto controllata. La gita solitaria perde
le sue connotazioni peculiari, ma in questo caso
la salita e la discesa devono essere assolutamente
sicure (nessun rischio di valanghe o di farsi male),
e inoltre farsi 1000 m di dislivello o più dovendosi tracciare
tutta la salita da solo nella neve fresca sarebbe
per me ormai troppo faticoso.
Forse sarebbe meglio andare in compagnia, ma ormai
ho le mie abitudini, posso tenere i ritmi e fermarmi
a fotografare quando voglio. Inoltre lo scialpinismo
è il migliore mezzo che ha l'alpinista solitario per
percorrere da solo i ghiacciai: la pressione su eventuali
ponti di neve è di molto inferiore che a piedi e in
primavera i crepacci sono per lo più chiusi; si possono
pertanto percorrere in sicurezza una buona parte di
ghiacciai senza necessità di legarsi e molti 4000, anche
grazie ad impianti aperti per lo sci alpino che portano
molto in alto ancora in tarda primavera, sono fattibili
addirittura in giornata; senza contare che la discesa
è piacevole e veloce (per le mie gite scialpinistiche
prediligo la maneggevolezza e uso sci corti da 160 cm
con pelli sciancrate tagliate su misura a filo lamine).
Un
po' di lettura.
Quando ci si dedica all'alpinismo,
o anche al solo escursionismo, solitario, si entra
in un mondo per il quale si vedono in modo particolare,
e pieno di ammirazione, le gesta dei grandi
alpinisti solitari del passato, anche se non certamente
per emularli! Per questo fornisco alcuni titoli
per una buona lettura di montagna:
E.G.LAMMER
"Fontana di giovinezza" I Licheni
CDA&Vivalda
ed. (un pioniere, peraltro forse un po' troppo esaltato, dell'alpinismo
solitario).
H.BUHL
"E' buio sul ghiacciaio" SEI Ed. (libro,
nella edizione originaria,
quasi introvabile sulle gesta forse del più grande
alpinista solitario di tutti i tempi; alcuni passi
si possono ritrovare nel testo Messner-Hofler "Hermann
Buhl - In alto senza compromessi" I Licheni
CDA&Vivalda
ed.; recentemente -2007- è stato tuttavia
ripubblicato con l'aggiunta dei diari delle spedizioni
in Himalaya
per i tipi della Corbaccio).
N.JAEGER
"Solitudine" Dall'Oglio
ed. (anch'esso esaurito, ma facilmente ritrovabili
nei mercatini del libro usato; narra una esperienza
particolare di solitudine, per 60 giorni in una
tendina in cima allo Huascaran nelle Ande peruviane
a quasi 7000 m di altezza).
R.MESSNER
"Nanga Parbat in solitaria" De Agostini
ed. (migliore a mio parere dell'analogo "Orizzonti
di ghiaccio" sulla solitaria all'Everest).
A.SCIOLARI
"Il sogno del lupo" Corbaccio Ed. (particolare resoconto sulla traversata in solitaria
invernale di tutta la Norvegia da S a N in compagnia
di due lupi allevati in cattività).
B.
OUSLAND "Il solitario dei Poli" Le Tracce
CDA&Vivalda (L'ambiente è un po' diverso ma
le motivazioni sono sempre le stesse, se non accentuate,
soprattutto per quanto riguarda l'incredibile forza
di volontà del protagonista).
J.
KRAKAUER "Nelle terre estreme" Corbaccio
Ed. (non le gesta di un alpinismo solitario ma la
storia vera di un ragazzo di buona famiglia alla
ricerca della libertà e dell'ignoto per ritrovare
se stesso. Bellissimo ma tragico).
J.C.
LAFAILLE "Prigioniero dell'Annapurna" I Licheni
CDA&Vivalda ed. (l'autobiografia del più grande
"ottomilaista": da solo sugli ottomila in inverno;
purtroppo scomparso in un crepaccio sul Makalu; da leggere
prima dell'intenso Katia Lafaille "Senza di lui"
sempre nella collana I Licheni)
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