L'attrezzatura fotografica
Pezzo
scritto nel 2003 con aggiornamento
2009
Per
quanto si dica che il merito di una bella foto è
tutta del fotografo, è nella qualità dell'attrezzatura che va
cercata
l'immagine perfetta. E' sì faticoso trascinarsi
nello zaino diversi obiettivi e corpi macchina reflex,
ma la qualità finale della fotografia è senza paragoni
rispetto a quella scattata con una piccola compatta. Le sole macchine
che mi sento di consigliare oltre le reflex sono
quelle a telemetro di marca (Leica!) o le compatte ad obiettivo
fisso di provata qualità (tipo Rollei 35 o Minox
GT). Se vogliamo poi fare foto non banali
e non appartenenti alla serie del "già visto",
dobbiamo fare riprese in condizioni particolari,
che normalmente non fanno gli altri fotografi (tipo
salire
in alta montagna con attrezzatura pesante
o con avverse condizioni atmosferiche), oppure cercare
di sviluppare un proprio stile personale che comunque,
per la foto paesaggistica e naturalistica di montagna,
non è proprio facile da ricercare. Io porto sempre
una reflex (Minolta 505 si) con almeno 2-3 obiettivi
di corredo, se posso una macchina medio formato
con 1-2 obiettivi (Pentax 6x7) e per le gite di
due giorni una piccola compatta da tenere a portata
di mano nel taschino della giaccavento (Rollei 35).
Per quanto gli zoom siano ormai di ottima qualità, a
mio parere gli obiettivi
a focale fissa restano superiori, almeno per luminosità
e per l'assenza di riflessi indesiderati
sulle lenti, e per questo li porto
sempre quando l'impegno della gita me lo consente.
Per le foto scialpinistiche invece utilizzo la reflex
con un solo
zoom (28-105 mm) in quanto sulla neve e con gli sci
ai piedi le operazioni di cambio obiettivo sono
piuttosto complesse e non esenti da rischi (obiettivi
che possono cadere nella neve o scivolare inesorabilmente
su pendii ghiacciati). Lo zoom tuttofare (tipo 28-200/300
mm) è sicuramente ottimo per versatilità, ma denuncia limiti
soprattutto in merito ai riflessi interni per lo
schema ottico complesso; per le foto di montagna poi
è preferibile avere uno zoom che si sviluppi sulle
focali grandangolari (tipo 24 mm) piuttosto che
su quelle tele; purtroppo il solo obiettivo zoom
esistente sul mercato al riguardo (Tokina 24-200
mm) risulta di non eccelsa qualità alla focale estrema
grandangolare. Le pellicole che utilizzo sono sempre solo e comunque
Fuji Velvia 50 (per fortuna dopo un periodo di
incertezza è ritornata in produzione a furor di
popolo; la Velvia 100 infatti, destinata a sostituirla,
è dai toni più caldi, forse in definitiva addirittura
migliore, ma a mio parere decisamente non adatta
per i fotografi naturalistici di montagna: troppo
rossa!).
Le reflex le porto nello zaino protette da un
panno, gli obiettivi in custodie imbottite
di tipo morbido (Reporter, Trekking o Tamrac), la Rollei
35 sta nel taschino della giaccavento o in apposita
custodia (Salewa) fissata allo spallaccio dello
zaino. Durante l'ascensione spesso la reflex 35
mm la
tengo a tracolla fissandola a vita con una cinghia
aggiuntiva.
Sono
un tradizionalista e il digitale per il momento
non mi interessa; per la foto naturalistica, pensata,
dove non ti puoi permettere di restare senza energia
ritengo che il
digitale non offra ancora particolari vantaggi:
non hai la necessità di vedere immediatamente il
risultato o di trasmettere subito a qualche giornale
l'immagine, il bilanciamento del bianco o la sensibilità
fissa della pellicola non è un particolare problema.
Inoltre un buon corredo tradizionale praticamente
non invecchia mai, mentre dopo che hai speso un
patrimonio, l'attrezzatura digitale dopo un anno
è già obsoleta e non vale più niente. E poi le diapositive
proiettate, come purezza, densità dei colori, profondità
dell'immagine, per me sono ancora ineguagliabili.
In
generale penso che il mondo digitale sia qualcosa
di troppo perfetto, meccanico e freddo: confrontate
i vecchi cartoni animati con quelli perfetti dell'era
digitale, solo nei primi vi troverere l'imperfezione
ma anche l'anima e la sensibilità di chi li ha costruiti;
confrontate la musica digitale su CD o mp3,
sì perfetta e cristallina, ma proprio per questo
fredda con quella pastosa e calda del vecchio
e caro vinile; così mi sembra che l'immagine digitale
mostri una perfezione artefatta che si riconosce
da parte di un occhio attento rispetto alla naturale
immagine analogica, in cui si riesce ancora a trovare
lo spirito di ricerca e l'anima del fotografo (ovviamente
escludendo qualsiasi ritocco successivo in photoshop!). Se poi voglio divertirmi con la camera
oscura digitale e stampare in modo personale le
mie foto posso sempre scannerizzarle io o farlo
fare al mio laboratorio di fiducia.
Aggiornamento
novembre 2011:
A
causa della ormai quasi irreperibilità cronica dell'amata
Velvia ho dovuto per forza di cose
acquistare di seconda mano una Sony Alpha 55 equipaggiata
con uno Zeiss Vario-Sonnar 16-80 f 3.5-4.5 di ottima
qualità. A questa è seguito un obiettivo Sony DT 11-18
F 4.5-5.6 per coprire anche le focali supergrandangolari.
Resto convinto che le foto digitali siano piuttosto
freddine ....; ora scatto molto di più, ma poche foto
mi soddisfano veramente, forse perchè vedo subito il
risultato, le posso immediatamente correggere come esposizione
e/o altri parametri, e non
ho più la soddisfazione a posteriori di aver fatto un buon lavoro,
come quando potevo ammirare le diapositive al ritiro
dal negozio. Non sopporto il lavoro di postproduzione
al computer, mi sa di artefatto.
Aggiornamento
maggio 2013:
Fortunatamente a metà
2013 ho potuto acquistare una Fujifilm X20 con un ottimo
sensore che simula di default la pellicola Provia, e
può essere tarato direttamente per pellicola Velvia
e Astia; cosi rivedo le foto che scattavo con la pellicola!
La qualità generale non è quella della reflex, ma quando
me lo potrò permettere passerò ad una macchina della
stessa serie di livello superiore; intanto
nelle gite mi porto la X20, appesa allo spallaccio dello
zaino grazie ad un ottima custodia Lowepro per le foto
da scattare al volo, e nello zaino tengo la Sony Alpha
55, con un corredo di 2 o 3 ottiche.
Aggiornamento
giugno 2014:
Con
l'aggiornamento della serie X delle Fuji ai modelli
2, ho trovato una XE-1 con Zoom 18-55 (27-85 mm eq)
in ottime condizioni ed a un prezzo irripetibile. Non
me la sono lasciata scappare! Assieme alla X20, sto
riscoprendo il piacere di fotografare, come 30 anni
fa; modelli vintage, stessa disposizione dei comandi,
solo un sensore digitale al posto della pellicola, ma
con una resa analoga, e con dimensioni e peso assolutamente
contenuti. Con l'acquisto successivo degli ottimi obiettivi
zoom grandangolare (il 15-35 mm eq) e tele (il 85-300
mm eq) ho chiuso il cerchio.
Aggiornamento
giugno 2015:
Con
l'uscita del modello X-T10 ho aggiornato la mia attrezzatura;
la macchina, di ultima generazione, per molti aspetti
simile all'ammiraglia X-T1 ma più compatta, l'ho personalizzata
alle mie esigenze e adesso, davvero, posso dire di essere
soddisfatto e di non rimpiangere più la mia attrezzatura
analogica. Fotografo in Jpg+Raw, ma i Raw li tengo
solo come archivio delle foto più riuscite; raramente,
per esempio sulla neve, faccio alcune correzioni sull'esposizione,
ma nulla di più. Continuo a non apprezzare il lavoro
in postproduzione se non limitato a pochi ritocchi,
gli stessi che si potrebbero fare direttamente in macchina
in fase di ripresa, solo più comodi se fatti successivamente.
Aggiornamento
settembre 2018:
Ho
aggiornato il sistema con la nuova mirrorless Fuji XE-3
che mi da ancora qualcosa in più della precedente in
termini di risoluzione e nitidezza. Ho
inoltre acquistato una compatta Sony RX VI che sostituisce
la ormai datata Fuji X20, Fuji infatti ha abbandonato
il settore delle compatte. Fotografo in Jpg+Raw sulla
Fuji, solo in Jpg sulla Sony, sia perchè questa macchina
ha maggiore risoluzione in dpi dei Jpg sia perchè
ne scatto molte di più. Le lavoro poi con Lightroom
in molto molto leggero (eliminazione difetti, apertura
ombre e chiusura luci, nitidezza e contrasto mai superiore
al 20%)
Questo
è quindi il corredo che porto attualmente:
Fuj
EX-3 con obiettivo XF 10-24 mm (15-35 mm eq.; di norma è
quello montato e l'unico che porto); se la gita lo consente
e la location lo prevede, porto anche gli obiettivi XF 18-55 mm
(28-80 eq.), XF 55-200 mm (80-300 eq.) tutti con
polarizzatore e un minicavalletto Cullman. Per le gite molto
impegnative, dove il peso è un aspetto importante, mi
limito a portare la RX VI; in genere faccio lo stesso
per le gite scialpinistiche. La Sony sta sullo spallaccio
dello zaino con una custodia LowePro, la Fuji nello
zaino oppure anch'essa sull'altro spallaccio con un
adattatore Uonner
Mentre
quello di seguito è il corredo che portavo fino al 2011:
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Gite naturalistiche.
Per
le gite a carattere naturalistico, in cui cioè lo
scopo fotografico è preponderante rispetto alla
meta alpinistica porto:
Reflex
mm 35 Minolta modello Dynax 9, obiettivo Sigma 14 mm,
obiettivi Minolta 24 mm, 35 mm, 50 mm, 100 mm Macro
f 2.8, 200 mm f 2.8, moltiplicatore di focale 1.4x
o 2x .
Filtri
degradanti, neutri, polarizzatore, flash 5400 HS.
Cavalletto
Manfrotto 150 Nat con testa a sfera o il più decisamente
leggero Manfrotto 714SHB.
Gite alpinistiche di un giorno.
Per
le gite in cui l'aspetto alpinistico è preponderante
porto:
Reflex
Minolta modello Dynax 505si con obiettivo 50 mm
f 1.4, obiettivi zoom 20-35 mm e 100-300 mm, polarizzatore,
cavalletto Cullman midi.
Quando
l'impegno non è eccessivo porto ancora la Pentax
medio formato 6x7 con un obiettivo (in genere 45
mm) o al massimo due (in genere 200 o 300 mm).
Gite alpinistiche di più giorni.
Reflex
Minolta modello Dynax 505si con obiettivo 50 mm
f 1.4, obiettivi zoom 20-35 mm e 100-300 mm, polarizzatore,
cavalletto Cullman midi.
Rollei
35.
Gite scialpinistiche.
Reflex
Minolta modello Dynax 505si con obiettivo 28-105 mm, polarizzatore,
cavalletto Cullman midi.
Rollei
35.
I
consigli tecnici
Per quanto riguarda la composizione
dell'immagine, la regola vuole che la foto di montagna sia ad inquadratura verticale (per dare slancio),
con gli elementi principali disposti secondo la
regola dei terzi e con soggetto principale ubicato
nel terzo superiore destro della immagine. Purtroppo
i mezzi di visualizzazione moderni (computer, televisione)
prediligono una inquadratura orizzontale e quindi si
tende sempre più, per uniformità in una sequenza di
immagini, a fotografare in larghezza. E' sempre
opportuno inserire un primo piano per dare profondità
alla immagine, soprattutto con i grandangolari
e, se è possibile,
aggiungere nell'immagine una macchia di un
colore caldo
(quale per esempio, in assenza di elemento umano,
uno zaino giallo o una giaccavento rossa) per compensare
l'eccesso di colori freddi (bianco, verde, azzurro)
della montagna. Ma
le regole sono fatte per essere infrante, ed una
buona foto è sempre quella che nasce dal gusto e
dall'istinto personale del fotografo.
Per quanto riguarda l'esposizione, usando diapositive,
la regola é una sola: esporre per le luci; ciò significa
una lettura mirata dell'esposizione nelle varie parti
della fotografia, ricordando che la diapositiva sopporta
soltanto uno stop in sovraesposizione e altrettanto
in sottoesposizione (e
con due stop siamo al limite fisico della registrazione
dell'immagine),
privilegiando sempre e comunque le zone illuminate.
Un esposimetro con misurazione spot al riguardo
è essenziale. Per i tramonti e e le albe bisogna
misurare
quindi solo la zona illuminata: in genere la misura
dell'esposizione sul cielo azzurro costituisce una
ottima soluzione, molto valida anche nelle foto in cui bisogna
far risaltare le nuvole. Per le fotografie in alta
montagna con la
neve consiglio di non fidarsi troppo della regola generale che vuole sempre
una
sovraesposizione di almeno uno stop rispetto al valore
misurato dall'esposimetro: i contrasti in alta montagna
sono infatti molto forti, ed è sempre meglio una
sottoesposizione ad una sovraesposizione, per evitare
colori bruciati (ovviamente con le digitali tutte
le verifiche sull'esposizione si possono fare immediatamente
e il lavoro viene di molto semplificato, senza contare
che si può usare il bracketing già in fase di ripresa
e senza paura di sprecare pellicola). Il polarizzatore,
per saturare i colori e scurire il cielo, io lo uso
molto, spesso lasciandolo montato anche per le foto
che non lo richiedono: in questo caso sulla neve,
per non avere foto troppo scure, devo però sovraesporre
praticamente sempre di uno stop. A proposito di filtri tengo sempre montati
sugli obiettivi, per protezione dalle intemperie,
un filtro UV o skylight. Come tempi di esposizione
uso i più brevi
possibili compatibili con la profondità di campo
che desidero e che non siano mai sotto la regola dell'inverso
della focale dell'obiettivo (esempio 1/60 di sec
con obiettivo 50 mm; il doppio con il digitale
visto il formato ridotto del sensore). Usando la pesante Pentax 6x7
uso comunque il tempo più breve possibile che una
corretta esposizione
mi concede con il diaframma a tutta apertura, e
sollevo preventivamente lo specchio anche se non
ho la macchina montata sul cavalletto. Ovviamente ogni
volta che
posso mi porto dietro il cavalletto pesante, ma
in mancanza il piccolo e leggero Cullmann svolge
sempre egregiamente il suo lavoro, permettendomi con la reflex 35 mm fotografie
con tempi di esposizione fino a 30 sec, se in assenza
di vento: le possibilità di fotografare coprono
così praticamente tutte
le occasioni di fotografia dal tramonto all'alba.
A proposito di medio formato: le foto fatte con
la medioformato Pentax 6x7 sono eccezionali e con una dettaglio
anche a bassi ingrandimenti irraggiungibile per qualsiasi
reflex 35 mm; se solo pesasse un po' meno!
Se l'alpinista con il brutto
tempo resta a casa, il fotografo proprio in quelle
occasioni dovrebbe sempre uscire! Le
immagini in questo caso diventano particolari, la
luce è diffusa, la nebbia o la pioggia, quando non
la neve, possono offrire inquadrature uniche. Un
bel grandangolare e al contempo un obiettivo macro
possono fare la differenza. Non restate a casa!
Scegliete una gita facile, magari in un bel bosco,
evitate le creste spazzate dal vento e ovviamente
proteggete l'attrezzatura.
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